5.4 Assonanza, arma a doppio taglio

21.02.2023

Con lo scomponimento delle proposizioni-matrice, l'unico mezzo per ripristinare le congiunture significative è ricorrere all'effetto rima, ma se le proliferazioni propositive aumentano per celare meglio il condizionamento alla base della comunicazione, le corrispondenze biuniviche che stabilizzano significato e identità entrano in crisi

(se non letto prima, si rimanda al post "5.3 Riscrivere la vita, o della genetica delle lettere")

Richiamo all'ordine e alla corrispondenza, mantenimento apparente della libertà d'espressione: sembra proprio che il controllo generantesi dalle procedure significative del linguaggio, tanto sul piano dell'enunciabile quanto del visibile, funzioni per "assonanza".

Non conta distinguere parola o cosa: entrambe risultano soggette a medesime modalità operative. Dal punto di vista della cosa, ad esempio, il messaggio prescrittivo sotteso alla vita sociale (ossia la "frase eponima" dal punto di vista della parola), opera sempre un richiamo all'ordine avvalendosi di un riconoscimento di suoni (segni) legati a una matrice. Spazi invisibili d'incasellamento del soggetto e congiunzioni fra rime sciolte sono infatti forme differenti di un medesimo schema procedurale che prende forma nei luoghi di conferimento dell'identità (ad esempio la "real tv", luogo di confronto con l'altro e, dunque, di assimilazione della sua trasgressione). Cosa succede, tuttavia, quando la proliferazione di messaggi genera una sovrapposizione di assonanze?

Lo schema di funzionamento del controllo pare efficace fintantoché si articoli su corrispondenze biunivoche, visto che la proliferazione delle catene assonanti può essere ritracciata basandosi sull'unica proposizione-matrice da cui queste scaturiscono. Là dove la matrice cominci però a rendersi meno visibile lasciando spazio a messaggi di proposizioni-matrici differenti, le congiunzioni non sono più in grado di riconoscere la sorgente di provenienza, tendendo perciò a incrociarsi e a sovrapporsi con le congiunzioni di altre matrici.

Meglio chiarire con un esempio:

1) "Bevi aranciata amara" (proposizione-matrice del messaggio n.1)
*Bere-acqua-nuotare-arance-agrumi-frutta-amarezza-delusione...
(catena di significati generabili per effetto di assonanza; in breve, catena di assonanza n.1);

2) "L'assimilazione di vitamina C aumenta le difese immunitarie" (proposizione-matrice del messaggio n.2)
*Mangiare-vitamine-lettere alfabetiche-cellule-salute-malattia...(catena di assonanza n.2)

Accostando un messaggio scientifico (2) a uno pubblicitario (1) l'intento pare chiaro: rafforzare la validità di 1 attraverso 2. Va precisato che, per semplificare, l'esempio presentato si avvale di due sole proposizioni-matrice, ma nella quotidianità il soggetto è investito da una molteplicità di proposizioni veicolanti messaggi affini, con l'obiettivo di rendere meno evidente la finalità di condizionamento. Le catene di assonanza generate nell'uno, come nell'altro caso, potrebbero inoltre far riferimento a una terza e sottaciuta proposizione-matrice ("l'acquisto di aranciata amara fa bene alla salute"), ma già le due prime catene sono in grado di innescare congiunzioni talvolta opposte (bere/mangiare), altre volte similari (frutta/vitamine), altre ancora affini (amarezza/malattia). Può perciò capitare che il soggetto interessato dalla pubblicità delle virtù dell'aranciata amara sia, inaspettatamente, portato in contatto con piani semantici oppositivi o concorrenziali, venendo in tal modo deviato dal percorso (commerciale) eventualmente prefissato all'inizio.

Roussel diceva: "come con le rime si possono fare buoni o cattivi versi, con questo procedimento si possono fare buone o cattive opere" (R. Roussel, Come ho scritto alcuni miei libri, in Id., Locus Solus, Einaudi, Torino 1982, p.265). Poiché nell'audiovisivo non sussiste mai perfetta corrispondenza, bensì lotta continua dovuta al permutare della vita, le soluzioni si configurano come esito di una combinatoria irriducibilmente aleatoria. L'alea, però, non va intesa come combinatoria di elementi positivi, chiusi in se stessi (cioè "oggetti" stabili) su cui è possibile esercitare un calcolo predittivo, ma come apertura di molteplici aperture, soggetta a variazione stocastica, dunque alla possibilità stessa di auto-annientamento (illeggibilità dell'enunciato). Di volta in volta si realizzeranno sempre e solo combinazioni parziali: insiemi deficitari, compatibilità regionali, architetture mai del tutto coerenti. Impossibile, infatti, determinare simultaneamente tutti i possibili "punti di diffrazione" del discorso.

Questi sono tutt'al più riducibili a punti di incompatibilità: due oggetti, o due tipi di enunciazione, o due concetti possono comparire nella stessa formazione discorsiva, senza poter entrare - sotto pena di manifesta contraddizione o incoerenza - in un'unica serie di enunciati. Esattamente come avviene nell'editing del Dna, un gene veicolato esternamente nella sequenza dell'acido ma riconosciuto poi come "non assimilabile", finisce per essere soppresso (il parallelismo biologico mostra in realtà quanto la dimensione del linguaggio alfabetico permei e plasmi i nostri stessi processi euristici).

Questo processo, d'altra parte, non esclude neppure l'esistenza di "punti di equivalenza": due elementi incompatibili possono formarsi allo stesso modo e partendo dalle stesse regole; le loro condizioni di apparizione risultare identiche; possono porsi allo stesso livello e, anziché risultare un puro e semplice difetto di coerenza, dar vita a un'alternativa: per quanto non compaiono contemporaneamente, nonostante non abbiano avuto la stessa importanza, sebbene non siano stati rappresentati nella stessa maniera nella folla degli enunciati effettivi, pur tuttavia si presentano sotto forma dell'o...o. Talvolta è possibile riconoscerli anche come "punti di aggancio di una sistematizzazione": a partire da ciascuno di questi elementi, al tempo stesso equivalenti e incompatibili, discende una serie coerente di oggetti, di forme enunciative, di concetti (con, eventualmente, nuovi punti di incompatibilità in ogni serie). Può capitare che le dispersioni non costituiscano semplicemente scarti, non identità, serie discontinue, ma formino sottoinsiemi discorsivi (quegli stessi a cui normalmente si attribuisce un'importanza maggiore come se fossero l'unità immediata e il materiale primario di cui sono costituiti gli insiemi discorsivi più ampi, quali le teorie, le concezioni o i temi). Sono addirittura possibili forme di discorso, ad esempio "La tentation" di Flaubert (studiata da Foucault ne "Un fantastico da biblioteca", in SL, op. cit., p. 144), il cui ordine non ha la funzione di stabilire uno e un solo senso, bensì di imporne simultaneamente diversi. Queste espressioni mirano a creare regimi linguistici subordinati gli uni agli altri, figure-tappa che hanno la funzione di far retrocedere o avanzare l'attenzione senza darlo a vedere. Rileviamo allora due opposti movimenti: l'uno, che ostentando i regimi del linguaggio fa apparire in stile diretto la visibilità dell'invisibile; l'altro, che ostentando le figure, ravvicina fino a farle apparire sul bordo dell'attenzione, le immagini più lontane (è questa la così detta "visione tentatrice").

Di fronte alle due possibili strategie, diviene impossibile stabilire distinzioni fra quelle che sono semplici "analogie linguistiche" (o traducibilità), "identità logiche" od "omogeneità enunciative".

"Il linguaggio di Roussel si apre sin dall'inizio al già detto, che accoglie sotto la più sregolata forma del caso: non per dire meglio ciò che in esso è detto, ma per sottometterne la forma alla seconda alea di una distruzione esplosiva e, dai frammenti sparsi, inerti e informi, produrre, lasciandoli al loro posto, il più inaudito dei significati...cerca di ritrovare, al di là della morte, lo stesso linguaggio che ha appena massacrato, identico e integro. Per sua natura è ripetitivo"

(M. Foucault, RR, op.cit., p. 72)

Le combinazioni foniche innescano sempre reazioni imprevedibili. Se attribuiamo al termine "rima" il suo significato più ampio, ovvero quello di ogni forma di ripetizione presente nel linguaggio, non possiamo fare a meno di constatare come la reale efficacia del controllo dipenda proprio dal "rimare": dalla semplice rima ludica che crea effetti di ritornello, fino ai vocaboli appaiati dal "procedimento" come in parte è stato sopra descritto, per arrivare a quelle che Foucault chiama le "sillabe-paillettes" (che segnalano nel testo, ma per nessuno, l'ultima esplosione di una deflagrazione muta), il rimare produce una ripetizione del linguaggio dove fonemi, parole e frasi differenti alla fine si equivalgono.

L'esito di questo percorso è dunque l'annullamento di ogni differenza? (continua 5.5)