1.2 Ripensare l'origine

02.01.2023

Cercare l'origine del problema è una mossa che non risolve affatto "il problema in sé", ma lo riafferma nell'artificialità della sua costruzione. Diverso è interrogarsi sull'origine intesa come "provenienza" ed "emergenza"


(se non letto prima, si rimanda al post 1.1 Ambiguità del controllo)

Il rifiuto dell'impostazione metafisica

Nel breve saggio "Nietzsche, la genealogia, la storia" (in Microfisica del potere, Einuadi, Torino 1977, p. 31-32), Foucault era stato molto chiaro su come procedere di fronte a un "fatto" del discorso: rifiutare la ricerca dell'origine (intesa nell'accezione tedesca di Ursprung) significa abbandonare la metodologia della metafisica classica, che si sforza di "raccogliere l'essenza esatta della cosa, la sua possibilità più pura, la sua identità accuratamente ripiegata su se stessa, la sua forma immobile e anteriore a tutto ciò che è esterno, accidentale e successivo. Ricercare una tale origine, è tentare di ritrovare «quel che era già», lo «stesso» di un'immagine esattamente adeguata a sé; è considerare avventizie tutte le peripezie che hanno potuto aver luogo, tutte le astuzie e le simulazioni, è cominciare a togliere tutte le maschere, per svelare infine un'identità originaria".

Origine, provenienza, emergenza

Foucault è conscio che dietro a una maschera non troveremo mai il vero volto di chi la indossa, ma una nuova maschera e un'altra ancora, in una serie indefinita di stratificazioni che consegnano l'essere alle spirali del divenire. Il vero genealogista non presta ascolto alla metafisica, ma alla storia, ai suoi archivi organici e inorganici, e apprende che

"dietro le cose c'è «tutt'altra cosa»: non il loro segreto essenziale e senza data, ma il segreto che sono senza essenza, o che la loro essenza fu costruita pezzo per pezzo a partire da figure che le erano estranee".

Là dove le cose iniziano la loro storia, quel che si trova non è infatti l'identità ancora preservata della loro origine, ma la discordia dalle altre cose: il disparato. Dietro la verità, sempre recente, amara e misurata, c'è la proliferazione millenaria degli errori. Ecco allora come, in merito alla ricerca di Foucault, i termini tedeschi Herkunft ed Entstehung siano chiamati a chiarire meglio le modalità metodologiche adottate: Herkunft è l'origine in quanto stirpe, la "provenienza", è la vecchia appartenenza a un gruppo, ma lungi dall'essere una categoria della somiglianza, una tale origine permette di "districare, per metterli da parte, tutti i segni diversi" (ibidem, p. 35); l'analisi della provenienza permette di dissociare l'Io e di far pullulare nei luoghi della sua sintesi vuota mille avvenimenti ora perduti.

"Seguire la trafila complessa della provenienza, è al contrario mantenere ciò che è accaduto nella dispersione che gli è propria: è ritrovare gli accidenti, le minime deviazioni - o al contrario i rovesciamenti completi - gli errori, gli apprezzamenti sbagliati, i cattivi calcoli che hanno generato ciò che esiste e vale per noi; è scoprire che alla radice di quel che conosciamo e di quel che siamo - non c'è la verità e l'essere, ma l'esteriorità dell'accidente" (ib., p. 35).

Non bisogna poi dimenticare che la "provenienza" ha a che fare con il corpo. Il corpo - e tutto ciò che a esso connesso, l'alimentazione, il clima, il suolo - è il luogo dell'Herkunft. Il corpo è cioè "superficie d'iscrizione degli avvenimenti (laddove il linguaggio li distingue e le idee li dissolvono), luogo di dissociazione dell'Io (al quale cerca di prestare la chimera dell'unità sostanziale), volume in perpetuo sgretolamento" (ib. p. 37).

Entstehung, invece, designa l'origine come «emergenza», il momento della nascita. E' il principio e la legge singolare di un'apparizione, che si basa non sulla potenza anticipatrice di un senso, ma sul gioco casuale delle dominazioni. "L'emergenza è dunque l'entrata in scena delle forze; è la loro irruzione, il balzo con il quale dalle quinte saltano sul teatro" (ib., p. 39). Mentre la provenienza designa la qualità di un istinto, il suo grado o il suo cedimento, e il segno che lascia in un corpo, l'emergenza designa un luogo di scontro. Nessuno è quindi responsabile di un'emergenza, nessuno può farsene gloria; "essa si produce sempre nell'interstizio" (ib., p. 39).

Ogni momento della storia si fissa in un oscuro rituale, impone delle obbligazioni cieche, costituisce procedure accurate di controllo incidendo segni e ricordi nelle cose, tanto quanto nei corpi, al di là della consapevolezza soggettiva. Se sospendiamo tutte le forme preventive di continuità, l'evidenza tornerà allora ad assumere i caratteri del problematico.

Prioritario, a questo punto, risulta chiedersi se e di quali unità sia formata la nozione di controllo, la quale si rende visibile innanzitutto attraverso gli avvenimenti discorsivi, come ha chiarito Foucault ne "L'Archeologia del sapere". Il controllo, originariamente, non viene imposto da nessuno, poiché non può esservi ancora alcun soggetto in grado di rivendicare il proprio ruolo fondante. In quanto "soggetto/sub-iectum", l'uomo "si fa" al di là della propria consapevolezza. La descrizione degli avvenimenti discorsivi offre la modalità più accessibile per comprendere come il controllo risulti un elemento costitutivo della e nella formazione del soggetto.

Lo stesso ricorso a una lingua, atta a comunicare, implica sempre un "sistema" per enunciati possibili, cioè delle regole che permettano di costruire eventualmente enunciati diversi da quelli iniziali. Lo sforzo filosofico a cui Foucault ha chiamato le menti logicizzate è ancora più radicale: bisogna costruire un discorso "altro" ritrovando la parola muta, il mormorio inesauribile che anima dall'interno la voce che si sente, reintegrare quel testo impercettibile e impalpabile che passa attraverso gli interstizi delle righe di scrittura e qualche volta le sconvolge. (continua 1.3)