3.2 Corpi r-esistenti

27.01.2023

Da supporto di scrittura a stratificazione in grado di far attrito: le immagini che definiscono l'organico, evocate dalla sua capacità di risposta ai flussi di potere, sdoppiano l'esercizio del controllo, ma mettono pure in crisi la nostra modalità di lettura del vivente

(se non ancora letto, si rimanda al post "3.1 Moltiplicazione virtuale del soggetto"

Il corpo, sempre e comunque. Per quanto lo si possa considerare supporto di una scrittura senza soggetto, il corpo mantiene una posizione cruciale e ambigua insieme.

Da una parte è strumento, punto d'attacco, materia, luogo privilegiato d'applicazione delle più diffuse e svariate relazioni di potere; è quel prodotto che sembra assumere un carattere di passività senza eguali, tutto attraversato e costruito dai flussi del potere e del sapere. Dall'altra - sostiene ancora Foucault - il corpo viene a configurarsi anche come resistenza, come limite dell'onnipotenza e all'onnipotenza del potere. Sottraendosi alla manipolazione assoluta (manipolazione di chi, se non è più individuabile alcun soggetto referenziale?), mostra infatti di non essere completamente e indefinitamente malleabile, ma di possedere una capacità d'attrito nei confronti di quegli stessi flussi di potere che lo permeano e, al contempo, lo costituiscono nella dimensione del controllo. Mostra, di fatto, un lato di sé che ne fa un operatore attivo, anche se in modo apparentemente debole o difficilmente percepibile ("Nell'esercizio che gli viene imposto e al quale resiste, il corpo disegna le sue correlazioni essenziali e respinge spontaneamente l'incompatibile", Sorvegliare e punire, cit., p. 169. Oppure: "Richiesto di essere docile fin nelle sue minime operazioni, il corpo si oppone e mostra le condizioni di funzionamento proprie a un organismo. Il potere disciplinare ha come correlativo una individualità non solo analitica e "cellulare", ma anche naturale e "organica", ib., p. 170).

Quest'aspetto permette a Foucault di non scivolare in una posizione radicalmente nichilista e relativista, svuotando il corpo di qualsiasi capacità di mediazione. La sua malleabilità, però, non acquista mai una specificazione definita; lascia fluttuare in un campo d'influenze, dove i tratti sfumano e i rapporti di forza modificano incessantemente la forma acquisita. Foucault sembra dunque oscillare tra due posizioni inconciliabili: una indubbiamente radicale, secondo cui i corpi si fanno - forse provocatoriamente - superfici d'iscrizione a tal punto levigate, da perdere anche quel minimo di "sostanza" organica e individuale che li caratterizza; l'altra più moderata, incentrata sul concetto di 'resistenza', in virtù della quale permane un substrato, un potenziale, non del tutto esterno all'influenza dei poteri, ma dotato ancora di una certa autonomia, di un'energia propria e irriducibile, per quanto opaca. Sarebbe allora quest'ultima dimensione il luogo di autentico esercizio del controllo (organico, ancor prima che sociale): una dimensione biologica associabile all'humus del terreno, in grado di dar vita a identità extra-razionali (con definitiva caduta del paradigma naturalistico che distingue Natura e Cultura, assegnando di riflesso un'attribuzione originaria e costitutiva, dunque metafisica, al corpo). A supporto di questa tesi vale citare un passo dell'importante studio di Dreyfus e Rabinow sul filosofo di Poitiers:

"Egli respinge chiaramente il punto di vista naturalistico secondo il quale il corpo ha una struttura fissa e bisogni fissi, (...). Considerando la descrizione del modo in cui è stato trattato il corpo, e di quanto stabile sia stato questo controllo formatore, Foucault presumibilmente respingerebbe anche il punto di vista dell'esistenzialismo estremo di Sartre; se il corpo fosse così instabile come esso pretende, la società non potrebbe organizzarlo e controllarlo nel tempo. In ogni caso, risulta difficile stabilire con precisione quale posizione assuma Foucault. Una interessante alternativa disponibile è costituita dalla nozione, elaborata da Merleau-Ponty, di corps propre, ovvero di corpo vissuto (...). D'altra parte, ci pare che Foucault abbia giudicato le invarianti strutturali di Merleau-Ponty troppo generali perché potessero venir utilizzate per la comprensione della specificità storica delle tecniche di elaborazione del corpo. (...) Eppure questi dettagli, riguardanti appunto il corpo, hanno influenzato di certo quanti svilupparano le tecniche disciplinari. Sono questi i tratti che interessano Foucault, quando si chiede in che modo il corpo potrebbe essere diviso, ricostruito e manipolato dalla società"

(Dreyfus-Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, op. cit., pp. 136-137).

Torniamo allora al concetto di "resistenza". Il corpo non è resistenza "in sé", ma "ha" capacità di resistenza, può esercitare un'azione di contrattacco nei confronti delle relazioni di potere in cui è immerso. Foucault fornisce un esempio di azione-reazione tra potere e corpo, in un breve saggio intitolato non casualmente Potere-corpo.

A partire dal XIX secolo, scrive, l'attenzione rivolta al corpo dalle istituzioni disciplinari - mediche, educative, carcerarie, psichiatriche, ecc. - è cresciuta a dismisura. Proprio questo investimento capillare e focalizzato sulla corporeità avrebbe provocato un "contrattacco" da parte del corpo, manifestatosi inizialmente in un maggiore interesse e in una maggior coscienza circa il corpo stesso, arrivando via via a un'intensificazione della sua dimensione desiderante. Questa, ad esempio, è al centro del movimento per la 'liberazione sessuale' emerso durante gli anni Sessanta e Settanta. Scrive infatti Foucault:

"dal momento in cui il potere ha prodotto questo effetto, nella linea stessa delle sue conquiste, emerge inevitabilmente la rivendicazione del proprio corpo contro il potere, la salute contro l'economia, il piacere contro le norme morali della sessualità, del matrimonio, del pudore. E a un tratto, ciò stesso per cui il potere era forte, diventa ciò da cui è attaccato...Il potere si è addentrato nel corpo, esso si trova esposto nel corpo stesso.."

(M. Foucault, Potere-corpo, in Microfisica del potere, Einaudi, Torino 1976, p. 138).

A dare visibilità al controllo (sociale) altri non è che il potere, perché - suo malgrado - finisce per evocarlo dalle profonde stratificazioni del corpo, dove in realtà si esercita nella sua dimensione organica. Dal momento che il potere è inarrestabile - grazie al suo piegarsi e ripiegarsi su se stesso, al suo convertirsi e trovare strategie di espansione sempre nuove - non dobbiamo sorprenderci di fronte all'ennesimo riposizionamento tattico: lo sfruttamento economico dell'erotizzazione, che sostituisce il controllo-stimolo al controllo-repressione, ridefinendo la funzione di qualsiasi prodotto per la 'cura' di sé. Dalle creme dimagranti alla pillola anti-concenzionale, dal trionfo della pornografia alla mindfulness.

Possiamo dunque riconoscere e parlare di due distinte forme di controllo: la prima, generata a livello organico in quanto autodifesa contro la forza dissipativa del potere, si manifesta come stimolo organizzatore dell'individualità, liberandola dal giogo dell'indefinito; la seconda, esercitata direttamente dal potere quando il corpo è esposto ai suoi flussi, appare invece una modalità di riorganizzazione sociale delle dinamiche organiche. La prima, di nuovo, influisce sullo sviluppo e la configurazione del soggetto(-agito) attraverso un processo di stratificazione organico-linguistica, la seconda, al contrario, alla riduzione a oggetto del soggetto(-agente), mediante condizionamenti di carattere disciplinare-linguistico.

La ricaduta è evidente: se il linguaggio è il luogo di scrittura dell'essere, che tipo di luogo è quella dimensione in cui si realizza la scrittura della vita? Ha ancora senso, dal punto di vista biologico, parlare di Dna come di alfabeto della creazione? (continua 3.3)