2.2 L'auto-limite come ripiegamento strategico 

14.01.2023

Spingere la trasgressione alla visibilità non annulla la sua carica eversiva, ma ne favorisce solo un riposizionamento sulla soglia mobile del corpo e del linguaggio. Il potere del controllo è dunque impotente?

(se non letto prima, si rimanda al post "2.1 Trasgressione a doppia faccia")

L'odierno tentativo d'incitare e provocare la trasgressione, privandola in tal modo della sua forza destabilizzante, è strettamente connesso alla ricerca della visibilità totale. Là dove il segreto viene svelato e la vita messa a nudo, la trasgressione dilegua, ma non scompare. Lascia semplicemente campo all'ordine della categoria. Il trasgressivo, a differenza della trasgressione, rientra già nello spazio del controllabile, del prevedibile e del calcolabile.

In un mondo dov'è apparentemente impossibile trovare oggetti, corpi o spazi da profanare, è alla piega dell'essere che occorre guardare. "Non perché essa (la trasgressione, ndr) offra nuovi contenuti a gesti millenari, ma perché autorizza una profanazione senza oggetto, una profanazione vuota e ripiegata su di sé, i cui strumenti sono rivolti solo su se stessi" (Prefazione alla trasgressione, in SL, op. cit., p.56).

Nell'epoca del disvelamento, infatti, la trasgressione non abita più la dimensione della morale, ma si ritira nella teoresi.

"Ciò che, a partire dalla sessualità, un linguaggio può dire se è rigoroso, non è il segreto naturale dell'uomo, non è la sua calma verità antropologica, bensì che l'uomo è senza Dio; la parola che noi abbiamo dato alla sessualità è contemporanea, nel tempo e nella struttura, alla parola mediante la quale abbiamo annunciato a noi stessi che Dio era morto"

(ibidem, p.56).

Sottraendo all'esistenza dell'uomo il limite dell'Illimitato, la morte di Dio - in quanto annuncio inaugurale della contemporaneità - riconduce a un'esperienza dove niente può più annunciare l'esteriorità dell'essere; a un'esperienza, per conseguenza, interiore e sovrana. "In questo senso - evidenzia ancora Foucault - l'esperienza interiore è interamente esperienza dell'impossibile (essendo l'impossibile ciò di cui si fa esperienza e ciò che la costituisce)".

Non c'è da stupirsi se uno degli spettacoli televisivi più trasgressivi degli ultimi anni - una trasmissione che altro non fa, se non mostrare 24 ore su 24 la vita di persone comuni o Vip - sia scaduta a gioco innocuo. Così come ormai avviene nel campo della sicurezza, l'irruzione nel privato dell'occhio pubblico ha finito per abolire ogni distanza fra i due piani: nessun rimando all'esterno, al fuori, all'alea del non visibile. Rimuovendo il fuori, tuttavia, viene meno pure il dentro, consegnando l'uomo a una soglia intemporale, acronologica e astorica: il non-luogo.

Il tentativo di chiudere il mondo entro il raggio della controllabilità non restituisce alcun'immagine definita e positiva, bensì l'esperienza del limite, che si fa e si disfa nell'eccesso che l'oltrepassa.


Denudarsi di fronte a una videocamera, consci di essere osservati, attesta infatti il ripiegamento della trasgressione rispetto a una concezione del segreto come invisibile (non-visibile), affermando la sola radicalità e autoreferenzialità del gesto trasgressivo stesso.

Non serve più alimentare un segreto nascondendolo, cosicché la trasgressione venga allo scoperto (e manifesti la disgiunzione del suo piano enunciativo), ma lo si costruisce e lo si istituisce per renderlo dicibile (lo si forza cioé nella dimensione apparentemente controllabile della parola). Mostrare un corpo nudo alla luce della pubblicità, potrebbe giustificarsi il Gige di Platone, non offre alla vista alcunché di nuovo; anzi, è il sapere di sempre, il sapere più originario che l'uomo abbia sperimentato dalla nascita della propria specie: in una battuta, nulla di nuovo sotto il sole. È il definirlo "un atto trasgressivo della norma acquisita", al contrario, che lo ammanta di valore destabilizzante, lo riveste dell'allettante fascino del proibito, rimarcandone così lo "stacco". Nell'eliminare la frattura in favore di un continuum audiovisivo, la visione totale  - o quel che l'odierna sociologia ha ribattezzato "voyeurismo a 360 gradi" - altro non fa che evidenziare la modalità di scrittura dei nostri corpi. Grazie a essa qualsiasi atto creativo può essere osservato - o almeno così ci si illude - ancor prima d'irrompere nello scandalo di un'immagine inaspettata, di una parola inaudita.

Foucault afferma che "noi non possiamo impunemente aggiungere al linguaggio la parola che sorpassa tutte le parole" (ibidem, p.58) e che, essendo "per mezzo suo situati ai limiti di ogni linguaggio possibile", non possiamo fare a meno di disegnarci nell'esperienza della trasgressione.

Malgrado i tanti segni sparsi e disseminati, il linguaggio è ancora tutto da far nascere. Irrompe là dove la trasgressione, ovvero il gesto che concerne il limite, trova il proprio spazio e il proprio cono di luce: vive là, nella sottigliezza della linea che manifesta il bagliore del suo passaggio. E là, forse, è per noi possibile cogliere anche la sua traiettoria in tutta la sua totalità. Perché il tratto che incrocia potrebbe essere l'intero suo spazio leggibile.

"Il gioco dei limiti e della trasgressione sembra essere retto da un'ostinazione semplice: la trasgressione supera e non cessa di ricominciare a superare una linea che, dietro a essa, subito si richiude in un'ondata di poca memoria, recedendo di nuovo all'orizzonte dell'insuperabile. Ma questo gioco mette in tavola ben più che tali elementi; esso si situa dentro a un'incertezza, dentro a certezze subito rovesciate dove il pensiero, nel volerle afferrare, si trova ben presto in uno stato d'imbarazzo"

(ibidem, pp.58-59).


Come l'annullamento della cronologia favorisce la nascita di uno spazio virtuale e atemporale, così la dissoluzione del passato crea le condizioni di ripiegamento della trasgressione. Per potersi affermare, quest'ultima deve prima precludere ogni possibile contro-risposta: vedere per non toccare e non essere toccati; dire per non ascoltare. Sembra di udire ancora la voce di Jeremy Bentham, quando esaltava la possibilità per i visitatori esterni al Panopticon di non entrare in contatto con la realtà carceraria, con i "ripugnanti" detenuti.

Perché allora esibire i propri corpi, prestarli alla scrittura dell'Altro, se in fondo non usciamo mai dal circolo del Medesimo? Se altro non si fa, fuorché ripetere quant'è stato dimenticato o non ancora definito? (continua 2.3)