1.8 Dal panoptismo al synoptismo

09.01.2023

 Spinte a superare il limite del punto focale unico a favore di una sua moltiplicazione trasversale, le tecnologie del controllo sono in continua evoluzione, ma non possono fare a meno di insidiare ogni piano della vita individuale e sociale

(se non letto prima, si rimanda al post "1.7 Dal controllo al panoptismo")

Dispositivo quanto mai duttile, il Panopticon ha portato a una rapida evoluzione delle tecnologie di controllo. Evento di grande richiamo, in merito, è stata l'inaugurazione di una prima grande mostra nell'ottobre 2001, presso il centro tedesco New Media Art ZKM, dal titolo "Ctrl Space. Rhetorics of surveillance from Bentham to BigBrother". A Karlsruhe furono esposte le opere di oltre 60 artisti - per lo più foto e video, ma anche installazioni e progetti web - che in vario modo inducevano a riflettere sulla filosofia del controllo, partendo dai metodi di supervisione tradizionali sino alle tecnologie più sofisticate e invisibili.

Nel testo introduttivo, il curatore Thomas Y. Levin aveva ricostruito un percorso storico che parte proprio dal Panopticon di Bentham nel 1785, per arrivare al Grande Fratello orwelliano e agli studi di Michel Focault sulla "società della disciplina". Tra le opere ancor oggi più significative vanno ricordate le immagini in real time di Andy Warhol, i video corridors di Bruce Naumann, le installazioni con webcam di Diller&Scofidio, senza dimenticare i progetti web di Julia Scher (Securityland) o dei Surveillance Camera Players, collettivo di performers che dal 1996 interagisce con telecamere a circuito chiuso installate negli spazi pubblici, realizzando spettacoli e azioni di sensibilizzazione.

Molti, poi, i progetti di net.art che hanno affrontato nel tempo il delicato tema del controllo e della privacy. La rivista inglese Metamute si è invece distinta per aver lanciato un concorso letterario dedicato al megasistema d'intercettazione globale Echelon, ma occorre citare pure il life_sharing" di 0100101110101101.ORG, un sovvertimento dell'inviolabile dimensione privata che permette a ogni utente della Rete di accedere all'intero contenuto del computer degli autori, corrispondenza compresa. Andando ancor più indietro negli anni, va menzionato "CCTV" (Closed Circuit TeleVision) dell'inglese Heath Bunting, che invitava i visitatori a inviare un fax a una centrale della polizia, nel caso questi avessero individuato reati spiando dalle quattro webcams aperte nella pagina del proprio sito. Tra le opere più originali spicca fra l'altro il progetto "meta4walls" del brasiliano Lucas Bambozzi, che offre una serie di links a presunte pagine "illecite", o contenenti scottanti informazioni riservate, restituendo al visitatore la persistente impressione di essere osservato e controllato nel simulare un'intrusione nei propri dati personali.

Al di là dell'evoluzione tecnologica, la chiave del successo del Panopticon rimane strettamente connessa a una questione di giuste proporzioni, di perfetta calcolabilità: in esso ci si trova di fronte a un luogo di formazioni discorsive, rispetto al quale le regole di formazione sono articolate in quanto condizioni d'esistenza degli elementi contenuti.

Il progresso tecnologico ha inoltre ovviato a uno degli evidenti limiti del passato, quello per cui un gran numero dev'essere costantemente sotto il controllo di un piccolo numero. Ritracciando i percorsi di sviluppo inerenti il controllo e lo spazio, è probabilmente la voce di Thomas Mathiesen, sociologo norvegese, ad aver avanzato per prima e con maggior convinzione l'idea di dar vita a un Synopticon globale: dispositivo grazie al quale «da una situazione in cui pochi guardano i molti si passa a una in cui molti guardano i pochi».

"Il Synopticon risulta per sua natura globale - scrive Vitandrea Marzano (Zygmund Bauman: dentro la globalizzazione, Dissensi n.4, 2001) - l'atto di guardare svincola chi guarda dalla propria localizzazione e lo trasporta almeno spiritualmente nel cyberspazio dove la distanza non conta più e dove ciò che conta è ottenere l'accesso alla rete extra-territoriale che permetta di farne parte. Il progetto Synoptico si lega così alla discriminazione fra Insiders e Outsiders all'interno di un ottica extra-territoriale di appartenenza e di stratificazione sociale, in cui il mito di una "falsa interattività" (poiché governata dai custodi dell'accesso) crea l'illusione dello scambio democratico".

Questo significa che non è possibile parlare di qualunque cosa in qualunque epoca: non basta tenere aperti gli occhi, fare attenzione, o prendere coscienza, perché immediatamente nuove oggettività si illuminino e gettino il loro primo chiarore ai nostri piedi. "L'oggetto - osservava già acutamente Foucault (AS, op. cit., p. 60) - non aspetta nel limbo l'ordine che lo libererà e gli permetterà di incarnarsi in una visibile e loquace oggettività; non preesiste a se stesso, quasi fosse trattenuto da qualche ostacolo alle soglie della luce. Esiste nelle positive condizioni di un complesso ventaglio di rapporti".

Tali relazioni si stabiliscono tra istituzioni, processi economici e sociali, forme di comportamento, sistemi di norme, tipi di classificazioni, modi di caratterizzazione. Si apre perciò uno spazio di possibili descrizioni quanto mai articolato: "sistema delle relazioni primarie o reali, sistema delle relazioni secondarie o riflesse, e sistema delle relazioni che si possono propriamente chiamare discorsive" (ib., p. 62).

Le relazioni discorsive, tuttavia, non sono interne al discorso. Non collegano tra loro i concetti o le parole, non stabiliscono tra frasi e proposizioni un'architettura deduttiva o retorica. Non sono relazioni esterne al discorso, atte a  limitarlo, a imporgli certe forme, o a costringerlo a enunciare determinate cose in specifiche circostanze. Sono 'al limite del discorso': offrono oggetti di cui il discorso può parlare o, ancor meglio, determinano il fascio di rapporti che il discorso deve svolgere per poter parlare di questi e di quegli oggetti, onde poterli trattare, nominare, analizzare, classificare, spiegare. Queste relazioni non classificano la lingua utilizzata dal discorso e neppure le circostanze in cui esso prende forma, ma il discorso stesso in quanto pratica. Al pari delle sue forme evolute più moderne, il Panopticon non fa altro che portare in luce un insieme di regole o norme immanenti a una pratica (la pratica discorsiva, appunto), definendola nella sua specificità. È uno strumento di conoscenza che al tesoro enigmatico delle "cose", antecedenti il discorso, sostituisce la formazione normata degli oggetti che in esso soltanto si disegnano. Definisce oggetti privi di referenza in fondo alle cose,  rapportandoli all'insieme di regole che permettono di formarli in quanto oggetti di discorso e producendo le loro condizioni di apparizione storica.

I "discorsi", allora, non sono un puro e semplice intrecciarsi di cose e di parole, non vengono trattati più "come degli insiemi di segni (di elementi significanti che rimandino a contenuti o a rappresentazioni), ma come delle pratiche che formano sistematicamente gli oggetti di cui parlano. Indubbiamente i discorsi sono fatti di segni; ma fanno molto più che utilizzare questi segni per designare delle cose. È questo 'di più' che li rende irriducibili alla langue e alla parole" (ib., p. 66). (continua 1.9)